Formazione per rinnovare le aziende
Formazione per rendere attrattivo il territorio. La nostra intervista a Marco Moscatti, presidente GGI Confindustria Emilia Area Centro
La quarta tappa del forum Disegnare il Futuro si è svolta presso la sede di Confindustria Emilia Area Centro. Dal 29 giugno scorso alla guida del Gruppo Giovani dell’associazione c’è Marco Moscatti, eletto per il quadriennio 2023- 2027.
Classe 1988, Marco Moscatti è ingegnere meccanico dal 2013. Nel 2020 diventa amministratore delegato di TEC Eurolab Srl, azienda con sede a Campogalliano (MO), un centro di eccellenza per prove di laboratorio e controlli non distruttivi, in grado di affiancare le imprese nella ricerca e nel raggiungimento degli standard di qualità e sicurezza dei prodotti e dei processi.
Nel 2019 entra nella squadra dirigente del Gruppo Giovani di Confindustria Emilia, designato vicepresidente delegato al nazionale e responsabile Education.
Presidente, qual è il programma del suo mandato e quali sono le azioni principali a sostegno dell’obiettivo da lei dichiarato di formare la prossima generazione imprenditoriale?
«L’associazione sostiene i giovani imprenditori attraverso un’attività di networking, con cui viene data loro la possibilità di confrontarsi su temi trasversali e comuni alle diverse tipologie di aziende: dalla gestione d’impresa alla leadership, dalla gestione del personale alla finanza e al marketing.
Oltre alla classica formazione frontale, secondo noi è molto utile poter ascoltare la testimonianza di altri dirigenti di azienda. Ci interessa accompagnare i giovani imprenditori, dando loro gli strumenti per avere una visione più ampia rispetto a quella specifica di un particolare settore aziendale.
È importante cercare di raggiungere un certo grado di contaminazione e di intersettorialità: il confronto e la considerazione di punti di vista differenti sono sempre motivo di arricchimento. Con la velocità del mercato attuale, qualsiasi azienda nell’arco di pochi anni può cambiare completamente forma.
Tanto vale, quindi, imparare già da oggi ad allargare i propri orizzonti e a non focalizzarsi solo sul proprio business, ma analizzare il quadro economico generale e le aspettative di imprenditori che lavorano in settori anche distanti dal proprio. Inoltre, lavoriamo moltissimo nell’ambito Education, per trasmettere cultura imprenditoriale ai ragazzi durante il loro percorso scolastico.
Agli studenti delle scuole medie e delle scuole superiori proponiamo delle testimonianze fornite da giovani imprenditori, nella convinzione che sia utile ascoltare persone vicine alla loro età, con le quali possano immedesimarsi e dalle quali trarre ispirazione per le loro future scelte formative».
In cosa consiste il progetto TACC, sviluppato insieme all’Università di Modena e Reggio Emilia e del quale siete partner istituzionali?
«Si tratta di un innovativo percorso di formazione accademica all’imprenditorialità specifico per il settore automotive. TACC è infatti la sigla di Training for Automotive Companies Creation.
L’iniziativa, alla sua prima edizione, è parte integrante dell’Automotive Innovation Hub, il polo nato nel 2017 a Modena per sperimentare i trend che guidano la trasformazione del mondo dell’auto: auto elettrica, connettività, guida autonoma e nuove forme di mobilità.
Il progetto è dedicato a chi vuole cimentarsi con l’imprenditorialità e l’innovazione nel settore automotive. Nella fase attuale, i team stanno elaborando le loro idee imprenditoriali, che noi come Confindustria possiamo integrare dando il nostro contributo come osservatori quotidiani dell’andamento del mercato.
Cerchiamo cioè di fare in modo che i progetti, ideati su basi teoriche da studenti di Ingegneria ed Economia, vengano messi a terra e ritenuti interessanti da eventuali investitori. Prossimamente, i progetti di impresa verranno infatti presentati presso la sede di Confindustria di Modena, in un evento allargato in cui saranno presenti imprenditori senior in veste di possibili clienti o investitori.
Il nostro obiettivo è raccogliere le idee di valore sul territorio e dare il nostro contributo affinché quel valore aumenti. Un elemento da sottolineare è che il settore automotive, oggetto del progetto TACC, è da intendersi in senso lato come Transportation, in quanto si apre ad applicazioni che riguardano anche l’industria navale e le smart cities: si riferisce, insomma, a tutto ciò che ha a che fare con la mobilità.
Almeno un terzo dei partecipanti sono studenti provenienti da fuori Italia, attirati dalla nostra regione e dalla sua storica denominazione di Motor Valley».
Quali azioni è possibile mettere in atto per affrontare il problema della mancanza di manodopera qualificata?
«Partiamo dal presupposto che tutto il sistema della formazione, sia nel territorio di Confindustria Emilia Area Centro che in tutta la regione, è di ottimo livello. Esso comprende non solo le eccellenze universitarie, ma anche uno degli ITS più attivi e performanti a livello nazionale, come l’ITS MAKER, la scuola di tecnologia meccanica con sedi a Modena, Bologna, Reggio, Parma e Forlì.
Le aziende sono molto attrattive e si impegnano tantissimo per mantenere un forte richiamo nei confronti delle nuove generazioni di lavoratori. Per i ragazzi che vivono qui e devono completare un percorso di formazione e poi avviarsi verso un’attività lavorativa, l’Emilia-Romagna è un ambiente ideale, in cui possono trovare formazione d’eccellenza e surplus di offerta.
Le aziende hanno il vantaggio di avere a disposizione ragazzi estremamente preparati, ma il problema è che sono ancora troppo pochi. Al momento c’è una carenza molto preoccupante di personale e molte posizioni rimangono vacanti. Se ci fossero più persone con le skill giuste e disposte a lavorare, il nostro Pil regionale aumenterebbe significativamente.
Stiamo subendo l’enorme contraddizione in base alla quale molte aziende sono costrette a ridurre i propri piani di crescita o a rifiutare delle commesse perché non trovano il personale adeguatamente formato. Nel nostro paese c’è un rapporto sbilanciato tra la popolazione attiva, che dispone di un reddito da lavoro e la popolazione non attiva.
Questa fascia può comprendere non solo i minori o gli anziani, ma anche coloro che per qualsiasi motivo non lavorano. Si tratta ovviamente di una situazione che non è sostenibile. Ad oggi, abbiamo necessità di attrarre personale da fuori regione. Personale che in molti casi è stato formato nelle nostre università ed è già qui. Purtroppo, questo vantaggio iniziale si scontra con l’assoluta scarsità di appartamenti, anche a ridosso delle zone industriali.
Tutte le istituzioni, a livello nazionale e locale, dovrebbero intervenire e assumere come prioritaria la questione della disponibilità di abitazioni sul territorio, in quanto si tratta di un fenomeno che può portare a una perdita di opportunità per il sistema economico: per una persona che riesce, tra molte difficoltà, a costruire la propria carriera, basandosi sulla stabilità abitativa, ce ne può essere un’altra che si trova costretta a rinunciare e a scegliere, altrove, una strada più facile».
In un suo intervento pubblico, ha dichiarato che i giovani devono essere resi protagonisti all’interno delle aziende. Cosa intende?
«Coinvolgere attivamente i giovani nelle imprese è fondamentale per realizzare il ricambio generazionale e per favorire in generale lo sviluppo delle imprese stesse. È necessario permettere loro di mettersi in gioco, facendo in modo che possano dare prova del proprio valore.
Purtroppo, ci sono moltissime aziende che sono ancora guidate in maniera autoritaria da una sola persona, generalmente di età avanzata. Questa impostazione, basata su una mentalità ormai superata, non dà conto del fatto che un’azienda solo nominalmente e parzialmente appartiene a una sola persona.
Oggi attorno alle imprese ruotano moltissimi stakeholder, tra clienti, fornitori e gli stessi dipendenti. Per garantire la continuità dell’impresa, è importante fare in modo che più persone possano prendere delle decisioni. Il passaggio generazionale va preparato, permettendo che certe mansioni comincino a essere delegate.
Nel mio caso, ho avuto un padre “illuminato”, che mi ha permesso di diventare amministratore delegato poco dopo i 30 anni. Mi rendo conto, tuttavia, che è un passaggio difficilissimo e non so se io stesso sarò in grado di attuarlo quando sarà il momento.
Bisogna accettare, infatti, che ci possano essere errori, nella consapevolezza che l’esperienza si costruisce solo attraverso l’apprendimento e anche attraverso gli sbagli. Inoltre, si tratta anche di accettare il fatto che un giovane mette in atto strategie diverse e che si cimenta un po’ alla volta. D’altronde, è impossibile trovare due persone che facciano la stessa cosa nello stesso modo.
Chi riveste un ruolo di guida o di riferimento deve quindi poter accettare che chi lavora al suo fianco abbia un modo di fare differente. Questo è vero per un imprenditore verso il figlio nel passaggio generazionale ed è vero anche per un responsabile di reparto verso i colleghi più giovani.
Senza assegnare obiettivi sfidanti e tenendo per se stesso ogni obiettivo importante, chi è alla guida non riuscirà ad avere delle performance soddisfacenti e avrà sottoutilizzato le risorse che ha a disposizione, ottenendo solo risultati mediocri e non facendo sentire valorizzate le persone che sono nella sua squadra.
Credo che dietro il fenomeno della Great Resignation, oltre agli sconvolgimenti legati alla pandemia da Covid-19, ci siano molti degli elementi che ho descritto. In conclusione, per le aziende è essenziale essere attrattive verso i talenti e quelle che ci riescono hanno un vantaggio strategico enorme.
Ogni azienda impara dai propri errori, quindi questo dialogo tra aziende e talenti si rimetterà in piedi da solo. Più complicata è la questione istituzionale: gli enti territoriali possono anche non fare interventi in campo edilizio per l’emergenza abitativa ricordata sopra, ma i problemi rimarranno all’infinito, a danno delle imprese e della popolazione».
Leggi altro su Storie di Copertina – Dai territori