• 18/04/2025

GHEPI S.r.l.: l’innovazione parte dalle persone

 GHEPI S.r.l.: l’innovazione parte dalle persone

GHEPI S.r.l., fondata nel 1972, è un esempio di come l’innovazione possa essere il cuore di un’azienda che ha sempre puntato su ricerca, sviluppo e formazione. Mariacristina Gherpelli ci racconta come questa visione continua a guidare l’azienda verso il futuro

«La nostra azienda è stata fondata dai miei genitori nel 1972 e il nome GHEPI è frutto dell’unione dei loro cognomi: Gherpelli e Pinotti.

Per l’epoca era qualcosa di molto innovativo: ho molti amici che gestiscono aziende che portano il nome di famiglia ma, nonostante le madri siano spesso state presenti, l’azienda porta il nome del padre». Come emerge dal racconto di Mariacristina Gherpelli, Managing Director di GHEPI S.r.l., l’azienda fondata da papà Nemesio e mamma Maria Gabriella ha da sempre mostrato una naturale propensione all’innovazione.

GHEPI progetta e produce componenti meccanici di precisione e articoli per molteplici settori industriali attraverso lo stampaggio a iniezione di materiali polimerici. Un settore che richiede molta ricerca e la necessità di tenere il passo con l’innovazione. Elementi che, come visto, fanno parte del Dna aziendale fin dalle origini.

Mariacristina Gherpelli, dove e come nasce questo approccio?

EMILIA ROMAGNA ECONOMY - GHEPI: innovazione per le persone
Mariacristina Gherpelli

«Nostro papà ha sempre tenuto molto all’innovazione e all’attività di ricerca e sviluppo, a tutti i livelli. Per lui è sempre stato fondamentale fare formazione a tutto il nostro personale, perché se le persone hanno competenze avanzate possono essere di grande supporto all’azienda.

Inoltre, le persone sono più motivate, vedendo che si investe nella loro crescita personale e professionale. E lo stesso discorso vale per gli investimenti: non sono finalizzati solo a disporre delle tecnologie più avanzate per ottenere maggiori produttività ed efficienza, ma anche alla soddisfazione e al coinvolgimento delle persone».

L’azienda ha un Dna prevalentemente tecnico, vi occupate di stampaggio a iniezione delle materie plastiche e di metal replacement. In cosa consiste?

«Il metal replacement non è altro che la sostituzione dei metalli con materie plastiche. Si tratta di progetti piuttosto complessi, che sfruttano i cosiddetti polimeri ad alte prestazioni oppure polimeri per applicazioni ingegneristiche, e rendono possibile, a parità di prestazioni, la sostituzione di materiali metallici.

Pratica ancora poco diffusa, un po’ perché i metalli hanno millenni di storia, mentre la plastica come materiale per processi industriali ha meno di un secolo, un po’ perché ci sono meno percorsi di formazione sulle materie plastiche. Esiste il perito elettronico, il perito meccanico, ma non c’è il perito delle materie plastiche. E anche l’Università è un po’ lacunosa da questo punto di vista, dunque il nostro settore sconta questo gap sulle competenze in ingresso».

Oltre alla sostituzione dei metalli, su quali temi lavorate?

«Soprattutto negli ultimi anni, si è fatta strada un’altra tematica, legata alla sostituzione di altri materiali: per esempio possiamo anche svolgere sostituzioni della materia plastica stessa, cioè sostituzione di materie plastiche tradizionali con dei mix in cui riusciamo a utilizzare i materiali riciclati.

Oggi questo è un tema fondamentale, perché in molti settori inizia a essere obbligatorio avere una quota di materiale riciclato per abbattere l’impronta di carbonio dei prodotti che si immettono sul mercato. Discorso simile con i materiali plastici espansi: l’espanso permette di ridurre ulteriormente il peso dei prodotti.

Questi sono due grandi ambiti legati all’innovazione di prodotto. Poi ci sono altri ambiti per i quali siamo all’interno dell’ecosistema dell’innovazione regionale che non riguardano soltanto i prodotti che noi realizziamo per i nostri clienti, ma anche i nostri processi produttivi».

Parlando del vivace ecosistema di innovazione dell’Emilia-Romagna, in quali progetti siete attivi?

«Siamo accreditati dal 2011 come Laboratorio di Ricerca della Rete Alta Tecnologia Emilia-Romagna. Questo network straordinario, che in Italia è presente solo in Emilia-Romagna, è frutto di scelte politiche del governo regionale, che su questi temi ha un’attenzione davvero molto specifica.

La nostra presenza è legata alle innovazioni di prodotto che portiamo avanti da sempre, ma non solo. Siamo impegnati in ambito open innovation partecipando come laboratorio di ricerca ai bandi di ricerca e sviluppo regionali. Adesso abbiamo in corso un progetto del Bando Laboratori 2024, che verte sulla realizzazione di case per moduli batteria a impiego statico.

In questo caso il team comprende l’Enea, il Laboratorio InterMech dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il Laboratorio Certimac di Faenza e la Fondazione Democenter di Modena. Collaboriamo con il Tecnopolo di Reggio Emilia e siamo molto attivi nella collaborazione alle proposte innovative di Aster: per esempio, l’anno scorso, abbiamo presentato una challenge all’interno del Bando IoIP Ecosister.

E siamo soci fondatori del Clust-ER Meccatronica Motoristica della Regione Emilia-Romagna. Siamo anche soggetto promotore all’interno di tre Bandi Filiere del 2024 con l’obiettivo di sviluppare percorsi e proposte di formazione superiore nei settori meccatronica, aerospazio e materie plastiche.

Oltre all’ambito regionale, da oltre 20 anni partecipiamo anche a progetti europei di ricerca e nel 2024 si è concluso l’ultimo progetto in cui abbiamo avuto il ruolo di end-user per la sperimentazione di sistemi di robotica collaborativa che, in base ad algoritmi di intelligenza artificiale, permettano di valutare l’impatto psicofisiologico dei cobot sugli operatori di produzione».

Restando nell’ambito dell’open innovation, che rapporto avete con le start up?

EMILIA ROMAGNA ECONOMY - GHEPI: innovazione per le persone«Da due anni, stiamo collaborando attivamente con le start up: abbiamo due progetti in atto, nati grazie all’impulso di una consulente che ci segue nel campo dell’innovazione e che opera anche come mentor di start up. Ci è stato chiesto se fossimo disponibili a sperimentare le soluzioni innovative su cui le start up stavano lavorando ed è stato veramente molto interessante, perché alla fine abbiamo scoperto due soluzioni che sono molto utili anche per noi.

Una con Robotizr riguarda la semplificazione della programmazione dei robot, nel nostro caso si tratta di un robot collaborativo. I due fondatori di Robotizr hanno messo a punto un sistema di programmazione no-code che permette di semplificare molto e rende la programmazione dei robot accessibile anche ai tecnici di produzione che non hanno competenze specifiche nella programmazione robotica.

Questo ha accelerato molto i tempi di setup delle macchine e ha ridotto i costi di intervento dell’assistenza esterna in quanto ora riusciamo a essere più autonomi. Nell’altro caso, la start up si chiama Iter Idea e si occupa di sistemi di resource planning anche con ausilio di intelligenza artificiale, che poi è in fase di applicazione anche nella soluzione precedente.

Con Iter Idea, e con il supporto di BI-REX, il competence center di Bologna, stiamo sviluppando due sistemi per la pianificazione dei turni mensili del personale di produzione e per definire l’assegnazione quotidiana delle mansioni agli operatori di produzione. Queste attività richiedono molte ore al mese per essere gestite, mentre con il software abbiamo visto che è sufficiente un tempo molto inferiore.

Credo che la collaborazione con le start up sia un’opportunità straordinaria anche per le piccole imprese in quanto permette di accedere ad ambiti e soluzioni innovative di cui si ignorava l’esistenza e le sorprese possono essere davvero molto positive».

Oltre che in ambito tecnico, come declinate l’innovazione in azienda?

«Da qualche anno facciamo molta innovazione anche in ambito organizzativo, applicandola all’attività interna per lo sviluppo di nuovi progetti e per migliorare i processi aziendali. Ad esempio, in alcune attività abbiamo sostituito le riunioni tradizionali con dei team di lavoro. Su questo tema ci avvaliamo di consulenti esterni, che facilitano il lavoro di questi team con le metodologie del Design Thinking e Lego Serious Play.

Abbiamo tratto davvero dei grandi benefici perché queste metodologie migliorano molto il coinvolgimento delle persone in quanto tutti sono chiamati a contribuire in ugual misura, con le loro idee e le loro proposte. Per fare innovazione è necessario poter contare su persone molto qualificate e capaci di interpretare e comprendere i trend di sviluppo. Per questo abbiamo già pianificato un percorso formativo di quattro moduli sull’intelligenza artificiale».

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Luca Indemini

Giornalista specializzato in tecnologia e innovazione

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