• 03/12/2024

Novowood, Pizzardi: “Abbiamo scommesso sull’ecologico 20 anni fa, oggi ne raccogliamo i frutti”

 Novowood, Pizzardi: “Abbiamo scommesso sull’ecologico 20 anni fa, oggi ne raccogliamo i frutti”

Il miglioramento del prodotto negli anni, diventato un materiale 100% ecosostenibile e sviluppato in collaborazione con l’Università di Ferrara, è usato anche  nell’edilizia per pavimentazioni e rivestimenti esterni

 

Novowood rappresenta il prodotto di lancio dell’azienda Iperwood Srl, con sede a Ferrara, nata nel 2002. Un materiale composto per il 60% di farina di legno all’avanguardia per i tempi, ecosostenibile, nato in collaborazione con l’Università di Ferrara e inizialmente usato per realizzare i camminamenti dei pontili galleggianti. Oggi, il miglioramento del prodotto 100% ecologico è applicato anche per nuovi utilizzi, nell’edilizia ad esempio, per pavimentazioni e rivestimenti esterni. Abbiamo parlato di Novowood con Andrea Pizzardi, Amministratore Delegato e socio dell’azienda.

 

 

Andrea Pizzardi come nasce Novowood?

“La nostra azienda quest’anno ha compiuto 20 anni. Nasce nel 2002, partendo dalla produzione di un legno composito , “Novowood” appunto, studiato e lavorato in collaborazione con l’Università di Ferrara. Si tratta di un materiale ecosostenibile, molto innovativo e all’avanguardia per i tempi in cui fu elaborato. Inizialmente lo usavamo solo come rivestimento per pontili galleggianti. Si trattava di un prodotto molto particolare, premonitore di quei concetti di ecosostenibilità di cui oggi si parla ampiamente. Con il tempo Novowood è stato modificato, adattato alle nuove esigenze del settore e dopo studi e verifiche, ne abbiamo ampliato l’utilizzo arrivando a nuovi campi di applicazione: dai pontili all’edilizia per pavimentazioni e rivestimenti da esterno”.

 

In che modo avete lanciato Novowood sul mercato? Avete incontrato difficoltà?

“Come dicevo prima, abbiamo allargato i suoi campi applicativi  proprio per ottenere maggiori possibilità sul mercato, a livello verticale. All’inizio è stato molto difficile: il mercato non era pronto a comprendere questa nuova tipologia di prodotto e le sue evoluzioni. Non riuscivamo a trasmettere i suoi vantaggi e le sue proprietà ai rivenditori a cui ci siamo affacciati inizialmente. Risultavano prevenuti nei confronti del materiale preferendo i prodotti tradizionali che avevano sempre utilizzato. Così abbiamo optato per differenti canali di sbocco commerciale: invece di proporre Novowood direttamente al rivenditore o al distributore,  di cui ancora faticavano a comprenderne  l’innovazione e le qualità, siamo passati alla vendita diretta. Dall’azienda al cliente finale. Questo percorso è partito attraverso la promozione diretta sul mercato tramite la pubblicità anche digitale o prendendo appuntamenti telefonici. Un nostro commerciale, poi, si presentava direttamente al cliente che aveva richiesto il prodotto. Quindi non un porta a porta, ma una vendita mirata solo ai diretti interessati.

Col tempo si è ampliato l’uso e a la conoscenza del prodotto ed oggi abbiamo rivenditori e distributori anche in diversi paesi nel mondo.

 

Restando sull’argomento, quali strategie comunicative avete adottato per dare valore al vostro brand?

“Siamo presenti online con il sito, ovviamente anche attraverso campagne sui social e poi sul campo tramite il lavoro dei nostri agenti e distributori, ma anche con fiere che rimangono sempre un’ottima vetrina di comunicazione. Oggi il mercato è molto più ricettivo , si parla e si investe molto di più sull’ecosostenibilità. La nostra azienda vende sia direttamente al cliente finale, alle imprese e amministrazioni pubbliche, sia tramite intermediari quali rivenditori e distributori. Attualmente l’azienda esporta in 32 Paesi nel mondo e ha avuto una crescita di oltre il 50% all’anno come volume di vendita”.

 

Anche in Novowood c’è stato un passaggio generazionale, com’è stato gestito?

“Iperwood  faceva inizialmente  parte del gruppo di aziende di famiglia e mio padre, Pietro Pizzardi, era uno dei soci ed amministratori . Io sono entrato nel management come amministratore unico e dopo qualche anno ho deciso di acquisirne le quote. Fin da subito  ho cercato di percorrere una strada differente rispetto a quella che era stata impostata in precedenza. Ho portato idee nuove, diverse, sia nella gestione aziendale sia nel campo degli investimenti che nell’acquisto di nuovi macchinari. Ho puntato sul Made in Italy quando in generale in quel periodo era preponderante la visione di delocalizzazione della produzione.  Idee in un primo momento non condivise da mio padre, che proveniva da  visioni e abitudini lavorative e consolidate  e con esperienze imprenditoriali in un settore parzialmente differente. Inizialmente ci sono stati degli attriti, causati dalla mia volontà di voler seguire una strada che non era allineata al suo pensiero (e anche a quello comune nel periodo), ma fortunatamente sono stati superati una volta che la crescita aziendale è stata sotto gli occhi di tutti. Abbiamo registrato cambiamenti proficui e un’evoluzione importante dell’azienda: oggi mi ritengo  molto soddisfatto dei risultati ottenuti.

Avevo ben chiare quali fossero le necessità del mercato, rispetto invece a mio padre che probabilmente non aveva compreso appieno le potenzialità dell’azienda qualora fosse stata configurata come l’avevo immaginata. Nel tempo quindi le mie scelte si sono rivelate corrette e i diverbi sono stati messi da parte. Oggi papà è, e rimane sempre  il mio miglior consulente”.

Quali sono i progetti per il futuro?

“Novowood è ancora un materiale nuovo per il mercato, quindi uno degli obiettivi aziendali è di avvicinare le persone al prodotto. Come azienda oggi puntiamo ad espanderci in maniera consistente sul mercato estero e abbiamo l’ambizione di voler diventare un punto di riferimento europeo nel settore della produzione del legno composito”.

 

C’è qualcosa che si potrebbe migliorare?

“La grande crescita dell’azienda, in pochi anni , ha portato ad una maggiore necessità di personale, dovendo ogni anno, stare al passo con le richieste sempre più esigenti del mercato e, dall’altra parte, al crescente  fenomeno del job  hopping, che sta prendendo sempre più piede in Italia e sicuramente non aiuta. Le persone in questi ultimi anni cambiano lavoro frequentemente e questo rende difficile reperire risorse con competenze specifiche, operai specializzati ad esempio, e investire su di loro a lungo termine. Si sta assistendo inoltre ad una carenza di professionalità sempre più seria a causa degli istituti professionali che non formano adeguatamente i ragazzi ed in più nel nostro caso, trattandosi di una produzione molto specifica, diventa un problema trovare persone che conoscano il processo di estrusione del materiale plastico e sappiano allo stesso tempo coniugare gli aspetti specifici della lavorazione del legno. Un’altra problematica di quest’anno è legata alla reperibilità delle materie prime. I costi aumentano e di conseguenza dobbiamo gestire l’aumento dei prezzi, che tuttavia deve essere calmierato per evitare di scaricarlo a valle, cioè al cliente finale. Una difficoltà che può portare, per molte aziende, anche al blocco delle attività produttive. Fortunatamente in Novowood siamo stati previdenti e abbiamo fatto scorte di materiali proprio per evitare simili disagi, ma oggi la variabilità dei prezzi porta gli imprenditori a notevoli incertezze e perfino nel decidere di effettuare gli acquisti oppure no. Dubbi generati dalle fluttuazioni troppo importanti e rapide dei costi delle materia prime: la paura più comune che aleggia oggi è legata alla possibilità di ribasso repentino dei costi delle materie prime dopo l’importante crescita che c’è stata negli ultimi mesi:  se oggi, ad esempio, si acquista una materia prima , il dubbio è che nel giro di qualche mese la stessa la si possa reperire al 20-30 per cento in meno con l’impossibilità per l’imprenditore di rivendere il prodotto in futuro perché troppo caro rispetto ai nuovi prezzi del mercato.  Un’altra falda del sistema economico italiano e che nei momenti di crisi si fa sentire maggiormente è la fiscalità sulle imprese e sui lavoratori, totalmente inadeguata e molto distante dalle altre politiche di altri Paesi che puntano sullo sviluppo e sull’imprenditorialità. È troppo opprimente e toglie competitività alle aziende italiane che rispetto ai player del mercato globale si trovano a dover sopportare costi che altri competitor esteri non hanno. Nel lungo periodo il gap aumenterà sempre più portando le nostre aziende a dover così cedere quote di mercato e arretrare. La maggior tassazione si ripercuote anche immediatamente sul flusso di cassa soprattutto per le piccole e medie imprese, che invece dovrebbero poter contare sulla propria  liquidità generata per programmare investimenti futuri, organizzare i magazzini o fare scorte”.

 

 

Erika Digiacomo

Giornalista, addetta stampa, specializzata in tema di attualità, sostenibilità e terzo settore

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