Rapporto sulle medie imprese
Medie imprese industriali italiane, pubblicato il rapporto di Area Studi Mediobanca, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne. Qui il focus sulla Regione Emilia-Romagna
L’Area studi di Mediobanca ha recentemente presentato, insieme a Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne, il rapporto annuale sullo stato di salute delle medie imprese industriali italiane, con un focus su quelle emiliano-romagnole. L’Emilia-Romagna ospita, infatti, il 13 per cento di queste imprese.
Le medie imprese italiane
Quella delle medie imprese è una galassia composta oggi da circa 3700 realtà industriali manifatturiere italiane e di cui l’Area Studi Mediobanca descrive l’evoluzione. Quasi il 13 per cento di queste imprese si trova in Emilia-Romagna: è quanto emerge dalla XXII edizione dello studio che è frutto del lavoro congiunto di Area Studi Mediobanca, Unioncamere e Centro Studi Guglielmo Tagliacarne.
L’indagine ha preso in considerazione tutte le aziende familiari a controllo italiano con una dimensione della forza lavoro compresa tra 50 e 499 dipendenti e un volume di vendite non inferiore a 17 e non superiore a 370 milioni di euro.
Lo stato di salute delle medie imprese emiliano romagnole
L’analisi dei dati di bilancio (elaborazioni Area Studi Mediobanca su dati non consolidati 2021) evidenzia che le medie imprese dell’Emilia-Romagna esprimono un fatturato pari al 13,7 per cento di quelle censite su base nazionale. Il numero di imprese attive nel settore meccanico si avvicina alla metà del totale regionale: 221 aziende che costituiscono il 46 per cento delle aziende prese in esame, superiore al 41 per cento calcolato per l’intero Paese e che vantano un fatturato superiore (40 milioni in media, oltre 2 in più rispetto alla media di tutte le regioni).
Seguono con il 16 per cento ciascuna le industrie dei beni per la persona e per la casa e dell’alimentare. Quest’ultimo settore ha in Emilia-Romagna un fatturato tendenzialmente superiore (72 milioni di euro la media regionale, contro i 65 milioni del dato Italia) e una produzione meno orientata all’export (21,5 per cento del fatturato, inferiore al 25,3 per cento nazionale).
Ristretta la presenza delle aziende metallurgiche: il settore è rappresentato dal 3 per cento delle medie imprese emiliano-romagnole, inferiore al 5 per cento nazionale, con un fatturato medio di 62 milioni di euro, inferiore di 12 milioni rispetto al dato calcolato per l’industria su base nazionale e una forza lavoro significativamente meno ampia (100 dipendenti contro 121).
Dati nazionali: prevista ancora una crescita, sebbene più contenuta, nel 2023, dopo due anni di forte rimbalzo
Dopo i rimbalzi del fatturato del 2021 (+20,4 per cento) e del 2022 (+15 per cento), è attesa un’ulteriore crescita anche nel 2023, sebbene più contenuta (+3,5 per cento). Il 55% delle imprese ritiene di poter crescere, ma in maniera lieve. Si tratta di un gruppo che fa da spartiacque tra un 25 per cento di aziende ottimiste che immaginano un futuro in incremento significativo e un 20 per cento che, al meglio, manterrà stabili le proprie quote di mercato.
Tra i ‘capitali’ strategici per lo sviluppo futuro, quello umano rappresenta per le medie imprese l’elemento centrale su cui focalizzare i maggiori sforzi. In una scala di rilevanza da 1 a 5, esso ottiene un punteggio medio pari a 4,6 seguito dal capitale tecnico (4,1), da quello finanziario (3,8), da quello conoscitivo (3,6) e dal capitale organizzativo (3,5).
La disponibilità di capitale umano specializzato ha una diretta relazione con la qualità dell’organizzazione e delle produzioni dell’impresa che rappresentano la ‘stella polare’ del made in Italy. Il 40 per cento delle medie imprese si percepisce come produttore di fascia alta: chi vi opera ottiene migliori performance economiche (EBIT margin 7,4 per cento vs 5,7 per cento) e presenta meno debiti (Debt equity ratio 67,3 per cento vs 84,5 per cento) rispetto ai player di gamma medio-bassa.